Precisando.



D
egrado, abbandono, usura, sono parole che per il senso comune hanno un'accezione negativa. Cose a cui porre rimedio, tenere a bada e se non si riesce, almeno degnarsi di voltare lo sguardo su cose più nuove e ordinate.

Per altri, tipo alcuni cineasti del neorealismo spinto o fotografi da fiera, il senso dello squallido e dell'abbandono lo offrono agli occhi di un pubblico candido per consentirgli di assistere al mistico senso del sublime Kantiano (che sovrasta le anime spaurite), riscuotendo un certo effetto: consenso.
Ora non desidero aggiungere parole sui miei lavori, perché per alcuni di questi, lo stato di grazia implica il tacere. Ma difronte a certa sprovvedutezza, non voglio lasciare inevasa l'idea che ho di alcuni aspetti della vita e che vanno a collidere inevitabilmente su ciò che osservo e propongo alla visione altrui e su come. Ritengo che il degrado, l'abbandono, l'usura delle cose, celino una forma inaccettata del bello; cioè una cosa tenuta in disparte perché in qualche modo è l'alterego della morte (perdonatemi la brevità, ma non credo di poter e voler sviscerare altro a tale proposito). Alterego del bello. Vera cura del mondo (parafrasando e ampliando il concetto dell'esserci Heideggeriano) è l'incuranza, cioè curanza del tempo sugli oggetti, più che sulla loro tenuta atemporale e inscalfibile. La pretesa di voler favorire l'oggetto e le persone al tempo è stupido e incivile, perché sfavorirebbe la Vita: intesa anche e soprattutto della "Vita", cioè tempo, di "Tutti". Ma la Vita (tempo) non viene nemmeno lambita dagli oggetti e dalle persone.
Quello che a me interessa, che in definitiva faccio, è di dare luce alle accezioni negative date al tempo (vita) e alla morte (vita). Che invece c'è allegria e bellezza e un'infinita dolcezza in queste.
Giuseppe Ferraina.

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